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Linee Guida sul follow-up 
del Cardiopatico Congenito Operato

A cura della "Società Italiana di Cardiologia Pediatrica"

Il miglioramento, a partire dalla fine degli anni settanta, degli standard diagnostici e terapeutici nei Centri di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica Italiani ha permesso a molti pazienti con una cardiopatia congenita di superare indenni il periodo neonatale, di crescere, frequentare una scuola, avere una occupazione, generare dei figli. Mantenendosi costante l’incidenza delle malformazioni congenite di cuore intorno all’otto per mille, considerato che il quoziente di natività nel nostro paese negli ultimi trent’anni si è dimezzato, si può prevedere che siano nati negli ultimi venti anni poco più di novantamila bambini con un difetto congenito di cuore. Sulla base dei dati della storia naturale e della qualità delle prestazioni mediche e chirurgiche di cui hanno potuto usufruire, si può presumere che siano attualmente presenti nel nostro paese circa 60 mila cardiopatici congeniti di età inferiore ai 21 anni. Solo un esiguo numero, intorno al 10%, è sopravvissuto dei circa 100.000 bambini nati con una cardiopatia congenita tra il 1960 e la prima metà degli anni 70. Questi pazienti costituiscono, per gran parte, quella che Jane Somerville chiama la comunità medica dei “Grown Up Congenital Heart Patients”, che, nonostante la correzione radicale della malformazione, continuano ad avere necessità di assistenza medica e talvolta chirurgicaCiascun paziente ha la sua storia, inevitabilmente legata all’anatomia  di base della malformazione ed agli effetti che il tipo, l’entità e la durata  degli stimoli emodinamici e la stessa tecnica chirurgica hanno prodotto sulle  cavità atriali e ventricolari. Alterazione della massa miocardica e disomogeneità  del substrato morfologico conseguente ad un sovraccarico, all’ipossia o al residuo  di una cicatrice sono i maggiori fattori di malattia, e clinicamente si traducono in una ridotta capacità funzionale durante esercizio fisico ed in un aumentato  rischio di aritmie maggiori. Tuttavia è necessaria una profonda conoscenza dei 
quadri anatomo-funzionali della patologia nativa e di quelli prodotti dalla correzione  chirurgica per attribuire l’esatto significato clinico-prognostico dei dati clinici  e strumentali rilevati durante un follow-up, che per la varietà dei quadri clinici 
e fisiopatologici spesso è specifico per ciascun gruppo di malformazione trattata. 
Attualmente la maggior parte dei cardiologi dell’adulto non è culturalmente attrezzata  per soddisfare la crescente domanda di assistenza che proviene da questa particolare  popolazione di cardiopatici, e le divisioni di Cardiologia non prevedono spazi  specifici a loro destinati. Il 20% delle morti che avvengono nella “GUCH COMMUNITY” è evitabile: i cardiologi, i cardiochirurghi, gli specialisti non cardiologi, i medici generali sono considerati nell’ordine i maggiori responsabili di questi 
eventi, a causa di una errata gestione delle aritmie; del male accorto uso degli anticoagulanti, della sottovalutazione degli esiti, della non corretta scelta  di un reintervento; a causa della scarsa conoscenza delle tecniche chirurgiche adottate per la correzione, dei materiali usati, del modello circolatorio ottenuto. 
La formazione del personale medico che deve avere in gestione questi pazienti  non può prescindere da un periodo adeguato di training, cui deve seguire una continua  periodica frequenza, presso Centri qualificati per la diagnostica ed il trattamento 
delle Cardiopatie Congenite semplici e complesse. Essi devono successivamente operare in strutture modulari specifiche nell’ambito di una divisione o Dipartimento di Cardiologia, in stretto contatto con il cardiologo pediatra e con altri operatori 
medici (cardiologo, medico generale, ginecologo, chirurgo generale, odontoiatra) e non medici (assistenti sociali, psicologo, commissari addetti alla definizione dell’idoneità fisica per motivi lavorativi, sportivi, previdenziali), che operano nel territorio, ai quali necessariamente questi pazienti si rivolgono nella loro quotidianità. È auspicabile la costituzione di Unità Regionali o Interregionali  (bacino di utenza 7-8 milioni di abitanti) operanti nell’ambito di un Dipartimento  di Cardiologia e Cardiochirurgia, capaci di soddisfare le condizioni qualitative e quantitative di un Centro di Alta Specializzazione. Esso deve provvedere al  completamento diagnostico, anche invasivo, suggerire le soluzioni terapeutiche più adeguate, essere punto di riferimento per tutti i colleghi che operano nelle strutture più periferiche, farsi carico dei programmi di aggiornamento e fungere da centro di raccolta dati a scopo epidemiologico, di ricerca clinica (di molte cardiopatie non si conosce ancora la storia naturale a distanza della correzione  chirurgica proposta), e di supporto alla programmazione sanitaria. I seguenti 
punti costituiscono i presupposti generali all’approccio del cardiopatico congenito operato: 

  1. la correzione di una cardiopatia non rende normali;
  2. “atresia, singolo, doppia uscita, doppia entrata, trasposizione dei grandi vasi, trasposizione corretta, condotto valvolato, cianosi, Eisenmenger”, sono termini diagnostici che richiedono particolare attenzione da parte di un esperto;
  3.  importanza della diversa risposta  di questi pazienti a: farmaci, anestesia, chirurgia, gravidanza, attività fisica;
  4.  l’abbandono istituzionale determina la limitazione dei risultati terapeutici,  nonostante l’avanguardia delle tecniche chirurgiche, e conseguente spreco di risorse;
  5. il nostro intervento deve contribuire a realizzare un loro progetto di vita e non essere solo funzionale ai nostri intendimenti. 

Scopo di queste “guidelines” è di fornire uno strumento di lavoro ai colleghi cardiologi che sempre più frequentemente 
nella pratica clinica verranno a contatto con questi pazienti con i quali dovranno 
mantenere un rapporto costante, quasi familiare, dovendoli accompagnare nelle varie fasi evolutive, assisterli in eventi biologici come il menarca, la gravidanza, l’invecchiamento, suggerire il tipo di attività fisica o lavorativa compatibile 
con le specifiche condizioni, contribuire a definire correttamente l’entità ed il significato di un’eventuale invalidità residua.

 

NOTA:Questo articolo e la parte introduttiva delle "Linee guida sul follow-up dell'adulto cardiopatico operato." è stato realizzata dalla seguente task-force  medica Luciano Daliento (coordinatore) Angelo Casari, Salvatore Giannico, Maurizio Marasini, Fernando Maria Picchio, Patrizia Presbitero, Velio Sperandeo, Gabriele Vignati

 

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